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venerdì 17 maggio 2013

LICENZIAMENTO: GIUSTIFICATO MOTIVO E GIUSTA CAUSA


Il licenziamento disciplinare è il tipo più frequente di licenziamento e riguarda comportamenti colposi o dolosi del lavoratore, la cui gravità non consente la prosecuzione del rapporto lavorativo, a causa della rottura del vincolo fiduciario.
Nell'ordinamento italiano, in relazione alla gravità della condotta, si distingue tra
licenziamento per “giusta causa” e licenziamento per “giustificato motivo”.

- la “giusta causa” trova disciplina nell'art. 2119 c.c. Il quale prevede che “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo precedente. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda.
Viene utilizzato il termine “giusta causa” per rappresentare un comportamento talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto neppure a titolo temporaneo, perché c'è una compromissione del rapporto fiduciario.
Possono costituire giusta causa di licenziamento, a titolo di esempio:
1. il rifiuto ingiustificato e reiterato di eseguire la prestazione lavorativa;
2. insubordinazione, ovvero la violazione da parte del lavoratore degli obblighi di diligenza e obbedienza sanciti dall'art. 2104 del codice civile;
3. il rifiuto a riprendere il lavoro dopo una visita medica che ha constatato l'insussistenza di una malattia;
4. lavoro prestato a favore di terzi durante il periodo di malattia, se tale attività pregiudica la pronta guarigione e il ritorno al lavoro;
5. sottrazione di beni aziendali nell'esercizio delle proprie mansioni;
6. condotta extra-lavorativa penalmente rilevante e idonea a far venir meno il vincolo fiduciario, ad esempio una rapina commessa da un dipendente bancario.
Al riguardo la Cassazione ha specificato che la giusta causa si sostanzia in un inadempimento talmente grave che qualsiasi altra sanzione, diversa dal licenziamento, risulti insufficiente a tutelare l'interesse del datore di lavoro. (Cass. 24/07/03 n. 11516).
- Il “giustificato motivo” è un'ipotesi meno grave di inadempimento degli obblighi contrattuali. In questo caso il licenziamento è giustificato, ma vi è l'obbligo, da parte del datore di lavoro, di concedere il preavviso previsto e di pagarne il relativo ammontare.
Ipotesi di giustificato motivo possono essere:
1.l'abbandono ingiustificato del posto di lavoro;
2.minacce o percosse;
3.reiterate violazioni del codice disciplinare di gravità tale da condurre al licenziamento.

Al di là degli esempi proposti, la condotta del lavoratore dipendente deve essere valutata con riguardo alle modalità concrete del comportamento posto in essere e all'elemento soggettivo.
Sul piano pratico, la differenza tra le due nozioni, si basa sulla maggiore o minore gravità del comportamento. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo, il datore è tenuto a dare un periodo di preavviso, stabilito dai contratti collettivi. Qualora, invece, volesse estromettere subito il lavoratore dall'azienda, dovrà corrispondere a quest'ultimo un indennità di mancato preavviso, che corrisponde alla retribuzione complessiva che gli sarebbe spettata se avesse lavorato durante tale periodo. In caso di licenziamento per giusta causa, il rapporto si interrompe immediatamente e il datore di lavoro non deve corrispondere nessuna indennità.