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martedì 9 settembre 2014

Assegno Sociale INPS 2014: come e quando chiederlo


L’assegno sociale è una prestazione di carattere assistenziale che prescinde dal versamento dei contributi e spetta ai cittadini italiani che abbiano compito 65 anni e tre mesi e versano in condizioni di disagio economico a causa della totale assenza di reddito o in caso di redditi non eccedenti le soglie determinate dall'istituto previdenziale, ovvero, € 5.818,93 € nel caso di assenza di coniuge o figli a carico.
La verifica del possesso dei requisiti viene fatta annualmente: L’assegno sociale non è soggetto a trattenute Irpef.
L’assegno non è reversibile ai familiari superstiti e non è esportabile oltre i confini italiani.
Sono equiparati ai cittadini italiani e, quindi, possono fare domanda di assegno sociale, qualora sussistano tutti i requisiti richiesti:
a) i cittadini extracomunitari - inclusi i familiari di cittadini comunitari o italiani - in possesso del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo e i rispettivi familiari ricongiunti*;b) i cittadini extracomunitari ai quali è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria ed i rispettivi coniugi ricongiunti;
c) i cittadini comunitari, regolarmente iscritti all’anagrafe del Comune di residenza ed i rispettivi familiari ricongiunti, sia comunitari che extracomunitari.
Dal 1° gennaio 2009, l’assegno sociale, in presenza degli altri requisiti richiesti, è corrisposto agli aventi diritto, a condizione che abbiano soggiornato legalmente e in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale.
La domanda può essere inoltrata esclusivamente direttamente tramite una delle sedi dell'associazione e
sussistendone i requisiti, l’assegno sociale decorre dal 1° giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda e in presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge (età, cittadinanza, residenza effettiva e dimora abituale in Italia, requisiti reddituali).
La misura massima dell’assegno spettante è determinata dalla differenza tra il limite di reddito previsto annualmente e il reddito dichiarato.
In relazione all’entità del reddito personale e/o coniugale, l’assegno sociale può essere liquidato in misura intera o ridotta.
L’importo mensile dell’assegno è dato dalla misura massima spettante, divisa per 13 mensilità.

venerdì 5 settembre 2014

COSTI DI DISATTIVAZIONE, SONO DA PAGARE?

Fino al 2007 le chiamavano penali: venivano applicate agli utenti che decidevano di cambiare operatore telefonico oppure di esercitare la propria facoltà di recesso dal contratto telefonico.
Poi la legge 40/2007 ha vietato l’addebito di qualunque penale o spesa che non fosse giustificata da “costi degli operatori”.
E gli operatori che hanno fatto? Hanno cominciato ad applicare i cosiddetti “costi di disattivazione”: cifre piuttosto alte addebitate nelle bollette di chiusura senza alcuna spiegazione…
Ma  cosa prevede la normativa “spiegata” dalle Linee guida stilate dall’Autorità Garante per le Comunicazioni e come contestare l’addebito di importi spropositati per la disattivazione del servizio o per il cambio di operatore?
L'art. 1 comma 3 legge 40/2007: i contratti telefonici (così come i contratti tv) devono prevedere la facoltà del contraente di recedere o di trasferire le utenze presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell’operatore e non possono imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni.
Inoltre, sul rispetto di tale normativa vigila l’Agcom che, se riscontra delle violazioni, può direttamente sanzionare le aziende.
Le Linee guida della Direzione Tutela dei Consumatori dell’Agcom:
1) la norma si applica a tutti coloro che sottoscrivono contratti per adesione on operatori di telefonia, inclusi gli utenti finali non residenziali: quindi, non solo consumatori, ma anche clienti business (in genere piccole e medie imprese), esclusi solo quelli di grandi dimensioni che hanno “negoziato” le clausole contrattuali;
2) dalla semplice lettura dei contratti per adesione l’utente deve poter conoscere la facoltà di recesso o di trasferimento dell’utenza senza vincoli temporali, quindi esercitabile in ogni momento (salvo un obbligo di preavviso massimo di 30 giorni): l’eventuale previsione di una durata minima contrattuale è vincolante solo ed esclusivamente per l’operatore; inoltre, dalla lettura delle condizioni contrattuali l’utente deve poter conoscere anche le eventuali spese richieste per il caso in cui tale facoltà venga esercitata;
3) l’operatore deve compiere tutti gli adempimenti necessari per la disattivazione del servizio entro 30 giorni da quando l’utente ha richiesto il trasferimento dell’utenza oppure ha esercitato il diritto di recesso;
4) l’utente non deve versare alcuna “penale”, comunque denominata, a fronte dell’esercizio della facoltà di recesso o di trasferimento dell’utenza: gli unici importi ammessi sono quelli giustificati da “costi” degli operatori”;
5) tali costi devono corrispondere alle spese effettivamente dimostrabili e correlate alle operazioni di disattivazione/trasferimento: l’operatore deve fornire la prova della loro pertinenza e necessità;
6) per i casi di passaggio da un operatore ad un altro, generalmente le attività di disattivazione della configurazione preesistente coincidono con le attività tecniche di attivazione effettuate dall’operatore che acquisisce il cliente e sono già remunerate da quest’ultimo: quindi, eventuali costi di disattivazione posti a carico dell’utentenon sono in linea di massima giustificati.
Cosa fare quando si riceve una bolletta di chiusura recante l’addebito di costi di disattivazione eccessivi?
Chi ha già effettuato il pagamento dell’intera somma fatturata, può chiedere la restituzione dell’importo corrispondente ai costi di disattivazione.
Chi non ha ancora pagato la bolletta, può contestare tale importo e richiederne lo storno.